venerdì 9 marzo 2018

UOMO E AMBIENTE NELLE OPERE DI FILIPPO PALIZZI

Una inclinazione alla visione d'insieme con particolare minuziosità del particolare



di Giuseppe Catania

Nel 1928 a Napoli vennero indette solenni onoranze a Filippo Palizzi, da un apposito comitato, presieduto da Achille Minozzi, in occasione della ricorrenza del 110 anniversario della nascita (Vasto, 16 giugno 1818).
Mattia Limoncelli, avvocato penalista, Presidente dell'Accademia di Belle Arti di Napoli, scrisse un volume
monografico, riccamente illustrato delle opere di Filippo Palizzi, pubblicato dal Comitato per le Onoranze, di cui erano illustri componenti: Luigi Accardi, Paolo Caracciolo di Torchiarolo, Carlo Chiarandà, Agostino De Angelis, Francesco Dell'Erba, Paolo De Notaristefano, Tullio Jappelli, Beniamino Laccetti, Mattia Limoncelli, Raffaele Mattioli, Vincenzo Olivieri, Giovanni Pastore, Enrico Radogna, Lorenzo Ricciardi, Roberto Schivano. Il Comitato d'Arte era composto da Lionello Ballestrieri, Libero Bovio, Vincenzo Caprile, Giuseppe Casciaro, Aslan D'Abro Pagratide, Salvatore Di Giacomo, Pasquale Duretti, Francesco Galante, Vincenzo Irolli, Vincenzo Magliaro, Salvatore Petruolo, Ulrico Pistilli, Luca Postiglione, Carlo Siviero, Paolo Vetri, Vincenzo Volpe.

Salvatore Di Giacomo dettò l'epigrafe per la lapide apposta sull'edificio dello Studio di Filippo Palizzi, all'Arco Mirelli di Napoli

Un grande maestro
un fervido e costante educatore
un pittore insigne
FILIPPO PALIZZI
ebbe per lunghi anni in questa casa
la venerata officina dell'opera sua
che spirito lume e vigore
attinse dalla pura sincerità
dalla gioia e dalla poesia della natura.

Nel primo centenario della morte dell'artista, la città del Vasto commemora Filippo Palizzi celebrandone la gloria.

L'Amministrazione civica ha dedicato una mostra di alcune delle significative opere dei fratelli Palizzi, Filippo, Giuseppe, Nicola, Francescopaolo nella sede dei Musei Civici di Palazzo d'Avalos. Una esposizione non certamente esauriente, perché molti quadri dei Palizzi sono raccolti nella Galleria d'Arte Moderna di Roma, da Filippo donati, nelle collezioni private e, purtroppo, non è consentito vederli se non nelle riproduzioni fotografiche.

Filippo Palizzi fu, essenzialmente, un pittore naturalista, con una istintiva predilezione alla vita animale, con una eccezionale ed unica visione di compiutezza.

Basterebbe, per tutti, la meravigliosa visione dei dipinto "L'Arca di Noé, Dopo il diluvio" (Palazzo di Capodimonte), in cui si scopre l'intuito spontaneo dell'artista ambientato in uno sfondo prospettico popolato da animali, in un insieme decorativo. Qui, infatti, gli animali costituiscono uno studio più approfondito.

Filippo Palizzi sapeva esprimere pittoricamente l'insieme interpretandolo dal vero, perché spontaneamente portato alla paziente annotazione del reale, soprattutto della bellezza dell'ambiente, della figurazione.

Ed alla base della concezione palizziana è l'uomo a compendiare tutte le attività della vita di relazione, con estrema tendenza alla perfezione formale, sempre presente, fino all'ultimo, tanto da fargli dire : "vorrei rinascere per ricominciare".

Nei quadri d'ambiente è agevole scoprire questa sua inclinazione alla visione d’insieme con meticolosità minuziosa del particolare.

E' un aspetto personale di Filippo Palizzi, che rispecchia il suo pensiero e il sentimento dell'uomo amante della natura.

Filippo Palizzi sapeva leggere il libro della natura e ne avvertita i reconditi arcani, cogliendone gli afflati, così come i suoi dipinti riuscivano ad esprimere con bucolica poetica. E non solo nella pittura.

Anche negli scritti il pittore era un lirico nella descrizione del particolare. Era uno straordinario annotatore dell'insieme ed un accorto osservatore minuzioso della scena che la natura offriva al suo sguardo e che l'artista riusciva a tratteggiare nel taccuino della sua memoria. E questo faceva con sorprendente ed eccezionale lucidità, quasi che, con lo scritto, eseguisse un'opera d'arte.

Ne abbiamo un esempio in una lettera che Filippo Palizzi scrisse per ricordare un suo viaggio, il 30 luglio 1872 verso la natia Vasto.

Aveva il "cuore grosso per una recente sventura". Infatti, era stato provato da alcuni lutti familiari: il 26 settembre 1869 era morto il fratello Nicola, il 17 marzo 1870 a Napoli era morto l'altro fratello Francescopaolo e il 28 maggio 1871 ancora il fratello Camillo. "Io viaggiavo in ferrovia - scrive Filippo Palizzi - alla volta del mio paese natio col cuore grosso per una recente sventura patita. Ero desto, col viso allo sportello del vagone; gli alberi, le case, le colline, fuggivano come ombre innanzi ai miei occhi e si perdevano l'un dopo l'altra; la luna sola apparivami immobile, là tra le stelle, splendente della sua luce più pura su un cielo profondo e sereno. Era nel suo ultimo quarto, tuttavia la purezza dell'atmosfera faceva intravvedere tutto intero il suo disco, ed io la .guardavo fisso mentre la mia mente vagava in un mondo di indefinibili pensieri. Non sapevo dire che cosa sentissi in quella mia contemplazione, se letizia, calma o malinconia, non lo so, ricordo solo d'aver desiderato che il treno non si arrestasse mai e che il sole fermasse il suo cammino prima di spuntare sull'orizzonte perché i miei pensieri potessero seguire a perdersi in quel sublime spettacolo del firmamento".

GIUSEPPE CATANIA
 
 

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